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La base dell’unità cristiana

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L’unità esiste già tra i credenti e non deve essere creata. Essa esiste nel momento in cui si crede nel Vangelo della grazia di Dio nel Signore Gesù Cristo. Tuttavia questa unità deve essere percepita, preservata e promossa e non solo tra i cristiani a livello personale, ma anche tra chiese che credono in una sola ed unica via di salvezza anche se esse non riescono ad trovarsi d’accordo su altre questioni. Il Vangelo è la cosa più importante di tutte. La Chiesa dovrebbe esistere per sostenere e promuovere l’unità. Lloyd-Jones é fermamente convinto che da quell’unità può scaturire una benedizione del Signore tale che la chiesa diventi una vera testimonianza nel mondo.

Indice

  • Introduzione
    1. Alcune opinioni oggi diffuse
    2. I limiti di questo studio
  • Capitolo I – L’insegnamento contenuto in Giovanni 17
    • I. Analisi del contesto
    • II. Principi dell’unità
      • Il ristretto cerchio di coloro che questa unità riguarda
      • L’origine dell’unità
      • La natura dell’unità
    • III. Riassunto
  • Capitolo II – L’insegnamento contenuto in Efesini 4
    • I. La comunione viene prima della dottrina, o viceversa?
    • II. Il contesto di Efesini 4
    • III. Riassunto di Efesini 1 a 3
      • A. Capitolo 1
      • b. Capitolo 2
      • c. Capitolo 3
    • IV. L’unità di tutti coloro che sono “in Cristo”
    • V. La natura dell’unità spiritualea. “Un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza…”
      • b. “Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo”
      • c. “Un solo Dio e Padre di tutti”
    • VI. I doni di Dio alla Chiesa
    • VII. Il cuore del problema
      • a. L’unità e la fede secondo Efesini 4
      • b. L’insegnamento del Nuovo Testamento sulla maturità
    • VIII. I pericoli della falsa dottrina
    • IX. Verità e amore
  • Capitolo III – Conferme tratte dal Nuovo Testamento
    • I. Le cause di disunione o separazione
    • II. La dottrina può essere definita
    • III. Condanna della falsa dottrina
  • Capitolo IV – Conclusioni
    • I. L’unità – una conseguenza
    • II. Primato della dottrina
    • III. Primato della verità sulle istituzioni e sulle tradizioni
    • IV. Rigenerazione e fede – fondamenti dell’unità
    • V. L’unità fondata su altri principi – una frode
    • VI. La denuncia dell’errore – un imperativo
    • VII. L’accordo sulle verità fondamentali – condizione obbligatoria di qualsiasi dialogo
    • VIII. La grandezza numerica di fronte al concetto biblico della vera potenza
    • IX. La fedeltà alla verità – il solo terreno del Risveglio

Autore

Martyn Lloyd-JonesDavid Martyn Lloyd-Jones (1899-1981)

D. Martyn Lloyd-Jones, secondogenito di Henry e Magdalen, nacque nella città di Cardiff il 20 dicembre 1899. Nel 1905 la sua famiglia si trasferì nella piccola cittadina di Llangeitho. Visse un’infanzia felice; da ragazzo preferiva il gioco del calcio ai compiti di scuola.

Nel 1909 la casa dei genitori venne distrutta da un improvviso incendio dal quale il piccolo Martyn riuscì a fuggire lanciandosi da una finestra del secondo piano. Da quella drammatica esperienza cominciarono a cambiare molte cose in lui: diventò più responsabile nelle sue azioni e più impegnato negli studi scolastici.

Nel 1914 il lavoro del padre fallì; i suoi genitori decisero allora di trasferirsi a Londra. I primi tempi nella nuova città furono economicamente molto difficili per la famiglia tanto che il giovane Martyn dovette quasi abbandonare gli studi per sopperire alle esigenze finanziarie lavorando. Durante questo periodo nacque in lui il desiderio di diventare medico. All’età di sedici anni s’iscrisse così alla scuola di medicina presso il St. Bartholemew’s Hospital, vicino alla città vecchia di Londra.

L’insegnante di Martyn era il professore più illustre di quel tempo: Sir Thomas Horder, il medico della Casa Reale. In seguito egli ammise che il tipo d’insegnamento impartito da Horder si rivelò fondamentale per il suo futuro ministero di predicatore. Quel luminare infatti insegnava ai suoi studenti di raccogliere sempre ogni elemento a loro disposizione e di ragionare molto sui dati prima di arrivare a stabilire la diagnosi di una malattia. Ai giovani allievi insegnava anche di partire sempre dai principi senza mai saltare alle conclusioni in modo affrettato. Da qui deriva sicuramente la logica dell’esposizione e dell’argomentazione biblica di Lloyd-Jones.

Nel 1923, alla sola età di ventitré anni, grazie ai progressi compiuti in campo scolastico e professionale, divenne assistente capo dell’équipe medica del Dr. Horder, ma, a dispetto della carriera medica che lo stava attendendo, il suo pensiero iniziò a volgersi altrove. Seguendo i pazienti aristocratici del suo insegnante, il Dr. Lloyd-Jones venne sconvolto dall’irreligiosità e dal vuoto morale di molti di loro e ciò lo rese cosciente della realtà del peccato. Inoltre, la triste morte del padre e poi quella tragica e prematura del fratello maggiore Harold, gli dettero una coscienza di transitorietà della vita e di conseguenza comprese di essere una persona spiritualmente morta davanti a Dio.

Già dalle sue prime esperienze lavorative in campo medico, dopo la sua conversione, si notò in lui una dote pastorale. Spesso scoprì che coloro che gli si rivolgevano, e che pensavano di avere problemi di natura spirituale, avevano invece problemi di natura fisica. Altre volte invece erano i pastori di chiesa che lo interpellavano esponendogli questioni che riguardavano la loro assemblea. In queste occasioni era sempre molto restio a dare consigli diretti e spesso si limitava a porre domande sulla situazione che si era creata guidando i suoi interlocutori a trovare da soli la causa del problema. La logica che Lloyd-Jones usava si rivelò, di per sé, migliore del consiglio che molte persone avrebbero desiderato udire in quanto in molti casi impararono a pensare con la loro mente. Inoltre Lloyd-Jones utilizzò spesso un “approccio medico” verso coloro che ascoltavano i suoi messaggi, come se fossero suoi pazienti.

Tra il 1924 e il 1925 gli venne chiesto di predicare in qualche chiesa, ma non si sentiva ancora pronto per quel ministero continuando quindi ad esercitare la carriera medica. L’anno seguente però decise di abbandonare la sua attività professionale per dedicarsi completamente a quella di pastore accettando l’incarico di ministro della Bethlehem Forward Movement Mission Church a Sandfields, Aberavon.

Martyn Lloyd-Jones non frequentò mai una scuola di teologia. Per lui un pastore di chiesa doveva essere essenzialmente un predicatore ed una guida spirituale con un preciso mandato divino. Non per questo disdegnava lo studio e la preparazione biblica, anzi, diversi anni dopo essere diventato pastore, fondò a Londra, insieme ad un gruppo di fratelli, una scuola di teologia tuttora esistente: il London Theological Seminary.

Nel 1927, dopo varie vicissitudini, sposò Bethan Phillips, la donna di cui era innamorato da ben nove anni. Il suo ministero nel Galles fu rivolto alla classe operaia in quanto la chiesa era situata in una zona molto povera. Prima del suo arrivo questa comunità era nota per le sue attività sociali, ma era in realtà priva di un impatto effettivo sulla gente. Martyn Lloyd-Jones decise di annullare quelle attività in quanto fermamente convinto che il compito della chiesa fosse quello di predicare il Vangelo del Signore, di condurre anime a Cristo insegnando loro la via per conoscere Dio. Credeva che solo la predicazione avrebbe potuto riempire la chiesa di persone e che solo essa poteva dar loro ciò di cui avevano bisogno. La sua esposizione biblica non fu né emotiva né liberale, anzi essa si basò unicamente e fermamente sulla Bibbia: la Parola di Dio. Per lui, il Vangelo era la verità non perché fondato sulle “esperienze”, come sostengono alcuni, ma “sui grandi fatti eterni”.

Attraverso il suo ministero nel Galles molti fratelli capirono che la proclamazione del messaggio del Vangelo di Cristo fatta nella potenza dello Spirito dava frutti e risultati straordinari. Il “dottore” (come venne soprannominato) era convinto che l’unica cosa che poteva salvare l’uomo era l’azione sovrana di Dio, non lo sforzo umano.

La sua fama, come uomo di Dio e predicatore, si sparse molto in fretta, prima nel Galles, fino ad arrivare in America. A partire dal 1935 iniziò la sua collaborazione con l’InterVarsity Fellowship, organizzazione che tentava di unire gli studenti cristiani che frequentavano le università inglesi. Quell’anno gli venne chiesto di predicare durante la loro conferenza annuale. Subito esitò, poi accettò suscitando con il suo intervento un tale impatto tra gli studenti che nel 1939 lo elessero presidente dell’IVF. A quel tempo gli studenti evangelici erano in forte minoranza e spesso soffocati dal Movimento Cristiano Studentesco d’indirizzo liberale. Lloyd-Jones accettò la sfida e riuscì a trasformare l’IVF in modo radicale insegnando loro le dottrine basilari della Scrittura di cui erano mancanti.

La stampa gallese scrisse di lui: “E’ il più grande predicatore dai tempi del risveglio spirituale del 1904”. Umanamente parlando, tre furono i motivi del successo della sua esposizione biblica: primo, predicava a tutti, non tenendo conto della classe sociale, del sesso o dell’età di coloro che ascoltavano. Secondo, usava un linguaggio che tutti potevano comprendere. Terzo, la sua chiarezza, la sua serietà e la sua autorità obbligavano la gente ad ascoltarlo ed a prendere appunti.

Nel 1937 venne invitato a predicare a Filadelfia (U.S.A.). Tra la folla c’era anche il pastore Campbell Morgan, ministro della Westminster Chapel (Londra), il quale, dopo aver ascoltato la sua esposizione, lo invitò a fargli da assistente nella capitale del Regno Unito. Lloyd-Jones accettò l’invito solo due anni più tardi ed in seguito succedette al pastore e lì rimase fino al 1968. Durante il suo ministero la “Cappella di Westminster” (da non confondere con la chiesa anglicana di Westminster) era frequentata da 1500 credenti durante il culto della domenica mattina e da 2000 in quello della sera, spinti a partecipare agli incontri per la potenza, la chiarezza e la freschezza della sua predicazione. I sermoni erano sempre pastorali alla domenica mattina ed evangelistici alla sera. Lloyd-Jones considerava la predicazione: “sana teologia che sgorga da un uomo ripieno di fuoco spirituale”, da un uomo ripieno cioè della potenza dello Spirito Santo, chiamato da Dio ad annunciare la Verità. Secondo il suo pensiero il predicatore doveva avere il compito di far conoscere il messaggio di Dio basandosi unicamente sull’autorità e sull’ispirazione della Sua Parola, trasportando sempre l’assemblea alla presenza del Signore e all’adorazione. Egli doveva essere quindi l’ambasciatore di Dio. Predicatori, diceva, si nasce e non si diventa.

Uno degli incontri di gruppo cui partecipò, e che considerò sempre di grande importanza, fu il Westminster Ministers’ Fraternal, tra pastori di diverse chiese evangeliche che Lloyd-Jones stesso diresse per quarant’anni. Questi incontri ebbero inizio nel 1941 e solo come un piccolo studio di gruppo; poi, a partire dal 1943, divenne un organo molto più importante che coinvolgeva ogni mese 400 pastori alla Westminster Chapel. Alcuni così dissero che lui era “il pastore dei pastori” per la capacità di avvicinare, consigliare ed incoraggiare ministri provenienti da diverse denominazioni evangeliche.

Essendo innamorato dell’epoca dei Puritani, si fece promotore della Conferenza sui Puritani, la quale gli permise di parlare di due elementi che riteneva importanti per gli evangelici: la storia della Riforma ed il pensiero dei Puritani. Sosteneva che il cristiano non dovrebbe mai dimenticare i fondamenti dottrinali protestanti e che i credenti del XX secolo dovevano prendere esempio dai Puritani perché loro riuscirono a combinare insieme una sana dottrina biblica con la realtà quotidiana della vita. Per loro la verità non era qualcosa che doveva stagnare nella mente dell’uomo, ma doveva essere vissuta ogni giorno.

Il 1966 sarà ricordato per il “passaggio del Rubicone”. Il Dr. Lloyd-Jones pensò che gli evangelici non potevano più far parte di organizzazioni affiliate al Consiglio Mondiale delle Chiese (World Council of Churches). Così, il 18 ottobre 1966, approfittando della possibilità di parlare alla National Evangelical Assembly nella Westminster Central Hall, sostenne che per gli evangelici, i quali si preoccupavano maggiormente di mantenere l’integrità della loro denominazione d’appartenenza, era giunto il momento d’affrontare i problemi relativi alla dottrina della chiesa e di rispondere a questa domanda: “Qual è la vera chiesa cristiana?” Il crescere inoltre della forza e dell’influenza del movimento ecumenico rendeva il problema ancora più urgente. La sua visione era quella di chiesa evangelica unita, in cui Cristo stava al centro, mentre il denominazionalismo frenava la crescita. Considerava le divisioni tra gli evangelici una cosa di cui vergognarsi. Gli evangelici, sosteneva, possono anche non avere una visione univoca sul battesimo, sul governo della chiesa, sui doni dello Spirito e così via, ma devono essere uniti dal legame creato dal Vangelo di Cristo per rispondere “senza compromessi” alle offerte ecumeniche ingannevoli della Chiesa Cattolica. La risposta degli anglicani evangelici fu decisamente negativa, e molti non ebbero il coraggio di lasciare la propria denominazione affermando che, rimanendo al suo interno, avrebbero avuto maggiori possibilità di riformare la chiesa anglicana secondo le verità bibliche. Francis Shaeffer seppe simpatizzare con le idee del “dottore” il quale venne in seguito invitato a L’Abrì nel 1957.

Questa posizione di Lloyd-Jones decretò una perdita della sua influenza nelle “alte sfere” del mondo evangelico, ma la sua reputazione crebbe in altri luoghi grazie soprattutto ai suoi libri che venivano diffusi in tutto il mondo. La semplicità linguistica e il modo di essere diretto con coloro che lo leggevano procurò molti problemi agli editori, ma gli diede modo di raggiungere un vastissimo numero di persone, accademici e non.

Martyn Lloyd-Jones si ammalò nel 1968 e dato che il servizio di pastore alla Westminster Chapel stava diventando sempre più pesante, vide la malattia come un segno da parte di Dio che lo spingeva a ritirarsi. Dopo un periodo di ricovero in ospedale, partì per il Westminster Theological Seminary (Filadelfia, U.S.A.) tenendo una serie di lezioni sul significato della predicazione. Al suo ritorno, continuò ad essere invitato a predicare nelle chiese e alle conferenze. Dedicò il restante suo tempo alla correzione dei testi dei sermoni per la loro pubblicazione, conservando volontariamente ogni ripetizione in quanto sosteneva che le tecniche d’insegnamento utilizzate fossero più efficaci ed importanti di un stile linguistico scorrevole. I suoi sermoni sull’Epistola agli Efesini (contenuti in otto volumi), come la collana sull’Epistola ai Romani (composta finora di nove volumi), o libri come il Sermone sul Monte, Depressione Spirituale, Predicazioni e Predicatori e molti altri, ebbero un grande successo in tutto il mondo e sono tuttora ritenuti capolavori d’ispirazione e dell’arte oratoria.

Durante l’ultima parte della sua vita aiutò molti giovani pastori ad essere dei buoni predicatori della Bibbia, fornendo consigli utili per superare i loro primi ostacoli.

Nel 1979 la sua malattia lo portò a cancellare ogni impegno. L’anno seguente predicò ancora una volta, ma in giugno smise definitamente concludendo il suo mandato divino quindici anni più tardi di altri pastori suoi coetanei.

L’anno successivo rientrò in ospedale in gravi condizioni suggerendo ai medici di utilizzare su di lui una terapia moderna: la chemioterapia. Nel febbraio del 1981, il Dr. Lloyd-Jones disse alla sua famiglia di aver ormai assolto il compito della sua vita. Terminò la cura e chiese di non pregare più per la sua guarigione fisica. Morì in pace il 1 marzo 1981, di domenica.

Al funerale, che si svolse a Newcastle Emlyn nella chiesa dove suo suocero Evan Phillips predicò durante il risveglio spirituale del 1904, parteciparono più di 1.200 persone. Il mese successivo si tenne a Londra un incontro in memoria di quest’uomo di Dio a cui parteciparono 3.500 persone. Le parole che fece scrivere sulla sua tomba simboleggiano lo scopo per cui aveva vissuto: “Poiché mi proposi di non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso”, 1 Corinzi 2:2.

Descrizione

In tutti i settori e frazionamenti della Chiesa Cristiana nessun problema ai nostri giorni preoccupa tanto gli spiriti quanto quello dell’unità della Chiesa. Questo tema ritorna di frequente negli scritti, nelle conversazioni e nei sermoni. Evidentemente siamo tutti d’accordo sul fatto che la Chiesa Cristiana dovrebbe essere UNA, che Dio l’ha voluta in questo stato di unità, ed ammettiamo di conseguenza che è tragico che un giorno la divisione sia penetrata al suo interno. Inoltre, ognuno di noi deve considerare lo scisma come un grave peccato. Su questi punti, siamo tutti d’accordo. Tuttavia abbiamo anche il dovere di far notare che regna una grande confusione ed un profondo disaccordo su ciò che costituisce l’unità, sullanatura dell’unità e sul modo di ottenerla e di conservarla.

1. Alcune opinioni oggi diffuse

Su quest’ultimo punto esistono diverse opinioni divergenti. La soluzione del problema, secondo le previsioni della Chiesa Cattolica Romana, non è altro, malgrado ciò che potrebbe farci credere oggi il suo atteggiamento più conciliante, che l’assorbimento all’interno della sua istituzione e della sua organizzazione. Semper eadem è il suo motto per eccellenza – “la chiesa è sempre la stessa”. Dal suo punto di vista ed in virtù della sua definizione, non potrebbe essere altrimenti. E’ dunque assolutamente logico che essa concepisca l’unità come un ritorno di tutti i rami della Chiesa stessa al suo interno, essendo essa “l’unica e sola vera Chiesa di Cristo”. Le Chiese dette “ortodosse” – greca e russa – professano dei punti di vista simili, ma si incontrano anche altre opinioni, alcune delle quali differiscono nettamente da quella di cui abbiamo appena parlato per il loro carattere vago ed inconsistente. Secondo la più diffusa, bisogna tendere all’unità visibile ed alla coesione di tutti quelli che, a qualsiasi titolo, si definiscono cristiani. L’unità così concepita vuole che tutti i rami della Chiesa cristiana, tutti coloro, senza eccezione e senza distinzione,che si autodefinisco “cristiani”, si uniscano, fraternizzino, collaborino ed oppongano un fronte comune ai nemici del cristianesimo.

A questo punto, dobbiamo attirare l’attenzione su un altro modo di vedere, perché a quanto pare sta diventando molto popolare negli ambienti evangelici. L’unità consisterebbe nel riunirsi allo scopo di costituire una sorta di “forum” dove si possano “discutere” le diverse opinioni sulla fede cristiana e dove ognuno abbia la libertà di presentare il “proprio punto di vista”, nella speranza di arrivare alla fine, attraverso questo processo, ad un’intesa generale. Altre opinioni sull’unità vanno formandosi, ma quelle che abbiamo appena elencate sono sufficienti per avere una panoramica generale della situazione.

2. I limiti di questo studio

Il soggetto che tratteremo è estremamente complesso ed ha già fatto scorrere molto inchiostro, ma il mio scopo in questo studio è ben definito; si tratta di esaminare i due passi della Scrittura più frequentemente citati in rapporto al problema dell’unità. Faccio allusione, beninteso, a Giovanni 17 e a Efesini 4; più precisamente a Giovanni 17:21 ed Efesini 4:13. Questi sono i versetti citati più volentieri oggi, versetti che vengono utilizzati come slogan e come dichiarazioni che, in apparenza, risolvono una volta per tutte il problema, senza lasciare posto al dibattito ed alla discussione. E’ dunque essenziale esaminarli con la massima cura.

Mi propongo di analizzarli alla luce di alcune domande:

  • Prima: qual è la natura o il carattere della vera unità?
  • Seconda: qual è l’importanza che la dottrina e la fede hanno sulla questione dell’unità?
  • Terza: come prende corpo l’unità?

L’attenzione si concentra soprattutto sulla terza domanda, a causa del suo carattere pratico: l’opinione della maggioranza è che non si produrrà l’unità discutendo ed analizzando la dottrina, ma piuttosto lavorando insieme e pregando insieme. Si sente diffusamente dire che “la dottrina divide”, ma che se “lavoriamo insieme” e “preghiamo insieme” raggiungeremo l’unità.

La situazione diventa seria quando si applica questo modo di ragionare all’evangelizzazione. Per farci sentire l’importanza vitale ed il carattere imperativo dell’unità, ingenerale si obbietta che l’evangelizzazione non è possibile senza unità, che una Chiesa divisa è uno scandalo per il mondo, e che fintanto che le nostre divisioni sussisteranno il mondo non ci ascolterà; di conseguenza, è assolutamente necessario unirci per poter evangelizzare, e che – l’abbiamo sentito sovente – potremo certamente essere tutti uniti sul piano dell’evangelizzazione. Alcuni anni fa, durante una campagna di evangelizzazione tenuta a Londra, il settimanale “The Christian World”, che oggi non viene più stampato, pubblicava a lettere cubitali: “Facciamo una tregua teologica durante la campagna di evangelizzazione”. Da parte sua, un evangelista molto in vista non ha esitato a dire: “Possiamo almeno essere ecumenici per ciò che riguarda l’evangelizzazione”. E’ molto diffuso e di solito ben accolto il punto di vista secondo cui non è che dopo la fase dell’evangelizzazione che bisogna affrontare il problema della dottrina.

E’ chiaro che questa corrente di pensiero ci obbliga ad avere le idee chiare sui problemi che ho sollevato riguardo alla base dell’unità cristiana. E’ dunque essenziale studiare con cura i testi-chiave di Giovanni 17 ed Efesini 4. Ma mi prefiggo anche di dimostrare che l’insegnamento del Nuovo Testamento, preso nel suo insieme, giustifica e conferma l’interpretazione corretta di questi due passi. Ciò sarà fatto nel terzo capitolo.


 

P R E F A Z I O N E

Nel XX secolo, il bisogno di unità ha costituito la  preoccupazione primaria e generale di molti. Ciò è dovuto in misura non lieve ad una presa di coscienza del tremendo disastro delle guerre provocate dal nazionalismo e dal razzismo. A tale riguardo vennero in seguito creati degli organismi allo scopo di unire insieme popoli e nazioni per costituire forme di cooperazioni pacifiche. Alcuni esempi a noi noti sono le Nazioni Unite, con i suoi vari dipartimenti e, di più recente formazione, la Comunità Europea.

In aggiunta a questi organismi politici ed economici sono state formate anche molte altre organizzazioni sociali e religiose. Ciò è avvenuto poiché si è riconosciuto che le ideologie filosofiche e religiose hanno giocato un ruolo fondamentale nel fomentare la disarmonia sociale e internazionale.

Le Nazioni Unite hanno costituito quindi l’Organizzazione dell’Istruzione, l’Organizzazione Scientifica, l’Organizzazione Culturale e anche, benché sconosciuto, il Parlamento delle Religioni del Mondo.

Tale processo non è stato solo seguito al di fuori ed a prescindere dalla chiesa. Infatti è storicamente risaputo, ed è corretto affermare, che durante questo secolo furono proprio le chiese prima di chiunque altro che cercarono d’unire insieme le varie popolazioni del mondo. Iniziarono a farlo prima della guerra del 1914-1918 attraverso l’opera missionaria e tale attività sfociò nel Consiglio Mondiale delle Chiese formalmente istituito nel 1948.

Il Dott. Lloyd-Jones non appose le sue grandi speranze nelle organizzazioni politiche che molti intrattennero. Egli sapeva che il regno di Dio e che la fratellanza umana non potevano essere raggiunte per risultato di uno sforzo umano. Egli sapeva che il cuore dell’uomo è malvagio. Perciò Lloyd-Jones dedicò tutta la sua vita nella predicazione del Vangelo. Non predicò mai la politica sebbene incoraggiasse i cristiani ad un pubblico impegno ed in ambito sociale. Questa era la sua risposta alle alternative sociali diffuse ai suoi tempi. Molti videro la sua posizione distaccata dalla realtà ed in effetti egli andò ben oltre le loro idee e le loro analisi. Ciò che sostenne non fu di certo irrilevante.

Dall’altro lato nessuno ha mai pensato che lui non si fosse mai lasciato coinvolgere nella questione dell’unità cristiana e della chiesa. Per Lloyd-Jones osservare gli uomini nel tentativo di creare un’unità tra le nazioni senza risolvere il problema del peccato significava costruire una casa sulla sabbia. La stessa cosa valeva tuttavia per le chiese confessanti che si erano allontanate dal Vangelo. Questi aspetti, come ministro del Vangelo, vennero a far parte della sua chiamata divina sottolineando, sia in pubblico sia in privato, che le verità essenziali e vitali erano ormai state abbandonate poiché si lavorava per ottenere una unità visibile della chiesa a discapito del Vangelo.

Ma iI suo interesse nell’unità fu positivo e non solo negativo. Si preoccupò molto di più della vera unità che del rifiuto di ciò che è superficiale e falso. Fu molto critico verso quegli evangelici che credevano che tutto ciò che la Bibbia avesse da insegnare sull’unità era la separazione dall’errore denunciato dall’Evangelo. Li accusò di essere colpevoli del peccato dello scisma basandosi sul fatto che solo coloro che erano veramente “uno” potevano essere colpevoli di disunione. Fece una chiara distinzione tra l’unificazione dei corpi religiosi che il Consiglio Mondiale delle Chiese ricercava e l’unità in Cristo per mezzo dell’opera dello Spirito Santo che solo coloro che sono nati di nuovo possono conoscere.

Questo è il tema del presente volume. Il Dott. Lloyd-Jones chiarì il fatto che l’unità esiste già tra i credenti e non deve essere creata. Essa esiste nel momento in cui si crede nel Vangelo della grazia di Dio nel Signore Gesù Cristo. Tuttavia questa unità deve essere percepita, preservata e promossa e non solo tra i cristiani a livello personale, ma anche tra chiese che credono in una sola ed unica via di salvezza anche se esse non riescono ad trovarsi d’accordo su altre questioni. Il Vangelo è la cosa più importante di tutte! La Chiesa dovrebbe esistere per sostenere e promuovere l’unità. Lloyd-Jones era fermamente convinto che da quell’unità sarebbe scaturita una benedizione del Signore che avrebbe messo in grado la chiesa d’essere una testimonianza migliore nel mondo. Questa fu la sua preghiera alla quale non è stato ancora data risposta.

Hywel R. Jones

Dettagli

In tutti i settori e frazionamenti della Chiesa Cristiana nessun problema ai nostri giorni preoccupa tanto gli spiriti quanto quello dell’unità della Chiesa. Questo tema ritorna di frequente negli scritti, nelle conversazioni e nei sermoni. Evidentemente siamo tutti d’accordo sul fatto che la Chiesa Cristiana dovrebbe essere UNA, che Dio l’ha voluta in questo stato di unità, ed ammettiamo di conseguenza che è tragico che un giorno la divisione sia penetrata al suo interno. Inoltre, ognuno di noi deve considerare lo scisma come un grave peccato. Su questi punti, siamo tutti d’accordo. Tuttavia abbiamo anche il dovere di far notare che regna una grande confusione ed un profondo disaccordo su ciò che costituisce l’unità, sullanatura dell’unità e sul modo di ottenerla e di conservarla.

1. Alcune opinioni oggi diffuse

Su quest’ultimo punto esistono diverse opinioni divergenti. La soluzione del problema, secondo le previsioni della Chiesa Cattolica Romana, non è altro, malgrado ciò che potrebbe farci credere oggi il suo atteggiamento più conciliante, che l’assorbimento all’interno della sua istituzione e della sua organizzazione. Semper eadem è il suo motto per eccellenza – “la chiesa è sempre la stessa”. Dal suo punto di vista ed in virtù della sua definizione, non potrebbe essere altrimenti. E’ dunque assolutamente logico che essa concepisca l’unità come un ritorno di tutti i rami della Chiesa stessa al suo interno, essendo essa “l’unica e sola vera Chiesa di Cristo”. Le Chiese dette “ortodosse” – greca e russa – professano dei punti di vista simili, ma si incontrano anche altre opinioni, alcune delle quali differiscono nettamente da quella di cui abbiamo appena parlato per il loro carattere vago ed inconsistente. Secondo la più diffusa, bisogna tendere all’unità visibile ed alla coesione di tutti quelli che, a qualsiasi titolo, si definiscono cristiani. L’unità così concepita vuole che tutti i rami della Chiesa cristiana, tutti coloro, senza eccezione e senza distinzione,che si autodefinisco “cristiani”, si uniscano, fraternizzino, collaborino ed oppongano un fronte comune ai nemici del cristianesimo.

A questo punto, dobbiamo attirare l’attenzione su un altro modo di vedere, perché a quanto pare sta diventando molto popolare negli ambienti evangelici. L’unità consisterebbe nel riunirsi allo scopo di costituire una sorta di “forum” dove si possano “discutere” le diverse opinioni sulla fede cristiana e dove ognuno abbia la libertà di presentare il “proprio punto di vista”, nella speranza di arrivare alla fine, attraverso questo processo, ad un’intesa generale. Altre opinioni sull’unità vanno formandosi, ma quelle che abbiamo appena elencate sono sufficienti per avere una panoramica generale della situazione.

2. I limiti di questo studio

Il soggetto che tratteremo è estremamente complesso ed ha già fatto scorrere molto inchiostro, ma il mio scopo in questo studio è ben definito; si tratta di esaminare i due passi della Scrittura più frequentemente citati in rapporto al problema dell’unità. Faccio allusione, beninteso, a Giovanni 17 e a Efesini 4; più precisamente a Giovanni 17:21 ed Efesini 4:13. Questi sono i versetti citati più volentieri oggi, versetti che vengono utilizzati come slogan e come dichiarazioni che, in apparenza, risolvono una volta per tutte il problema, senza lasciare posto al dibattito ed alla discussione. E’ dunque essenziale esaminarli con la massima cura.

Mi propongo di analizzarli alla luce di alcune domande:

  • Prima: qual è la natura o il carattere della vera unità?
  • Seconda: qual è l’importanza che la dottrina e la fede hanno sulla questione dell’unità?
  • Terza: come prende corpo l’unità?

L’attenzione si concentra soprattutto sulla terza domanda, a causa del suo carattere pratico: l’opinione della maggioranza è che non si produrrà l’unità discutendo ed analizzando la dottrina, ma piuttosto lavorando insieme e pregando insieme. Si sente diffusamente dire che “la dottrina divide”, ma che se “lavoriamo insieme” e “preghiamo insieme” raggiungeremo l’unità.

La situazione diventa seria quando si applica questo modo di ragionare all’evangelizzazione. Per farci sentire l’importanza vitale ed il carattere imperativo dell’unità, ingenerale si obbietta che l’evangelizzazione non è possibile senza unità, che una Chiesa divisa è uno scandalo per il mondo, e che fintanto che le nostre divisioni sussisteranno il mondo non ci ascolterà; di conseguenza, è assolutamente necessario unirci per poter evangelizzare, e che – l’abbiamo sentito sovente – potremo certamente essere tutti uniti sul piano dell’evangelizzazione. Alcuni anni fa, durante una campagna di evangelizzazione tenuta a Londra, il settimanale “The Christian World”, che oggi non viene più stampato, pubblicava a lettere cubitali: “Facciamo una tregua teologica durante la campagna di evangelizzazione”. Da parte sua, un evangelista molto in vista non ha esitato a dire: “Possiamo almeno essere ecumenici per ciò che riguarda l’evangelizzazione”. E’ molto diffuso e di solito ben accolto il punto di vista secondo cui non è che dopo la fase dell’evangelizzazione che bisogna affrontare il problema della dottrina.

E’ chiaro che questa corrente di pensiero ci obbliga ad avere le idee chiare sui problemi che ho sollevato riguardo alla base dell’unità cristiana. E’ dunque essenziale studiare con cura i testi-chiave di Giovanni 17 ed Efesini 4. Ma mi prefiggo anche di dimostrare che l’insegnamento del Nuovo Testamento, preso nel suo insieme, giustifica e conferma l’interpretazione corretta di questi due passi. Ciò sarà fatto nel terzo capitolo.


 

P R E F A Z I O N E

Nel XX secolo, il bisogno di unità ha costituito la  preoccupazione primaria e generale di molti. Ciò è dovuto in misura non lieve ad una presa di coscienza del tremendo disastro delle guerre provocate dal nazionalismo e dal razzismo. A tale riguardo vennero in seguito creati degli organismi allo scopo di unire insieme popoli e nazioni per costituire forme di cooperazioni pacifiche. Alcuni esempi a noi noti sono le Nazioni Unite, con i suoi vari dipartimenti e, di più recente formazione, la Comunità Europea.

In aggiunta a questi organismi politici ed economici sono state formate anche molte altre organizzazioni sociali e religiose. Ciò è avvenuto poiché si è riconosciuto che le ideologie filosofiche e religiose hanno giocato un ruolo fondamentale nel fomentare la disarmonia sociale e internazionale.

Le Nazioni Unite hanno costituito quindi l’Organizzazione dell’Istruzione, l’Organizzazione Scientifica, l’Organizzazione Culturale e anche, benché sconosciuto, il Parlamento delle Religioni del Mondo.

Tale processo non è stato solo seguito al di fuori ed a prescindere dalla chiesa. Infatti è storicamente risaputo, ed è corretto affermare, che durante questo secolo furono proprio le chiese prima di chiunque altro che cercarono d’unire insieme le varie popolazioni del mondo. Iniziarono a farlo prima della guerra del 1914-1918 attraverso l’opera missionaria e tale attività sfociò nel Consiglio Mondiale delle Chiese formalmente istituito nel 1948.

Il Dott. Lloyd-Jones non appose le sue grandi speranze nelle organizzazioni politiche che molti intrattennero. Egli sapeva che il regno di Dio e che la fratellanza umana non potevano essere raggiunte per risultato di uno sforzo umano. Egli sapeva che il cuore dell’uomo è malvagio. Perciò Lloyd-Jones dedicò tutta la sua vita nella predicazione del Vangelo. Non predicò mai la politica sebbene incoraggiasse i cristiani ad un pubblico impegno ed in ambito sociale. Questa era la sua risposta alle alternative sociali diffuse ai suoi tempi. Molti videro la sua posizione distaccata dalla realtà ed in effetti egli andò ben oltre le loro idee e le loro analisi. Ciò che sostenne non fu di certo irrilevante.

Dall’altro lato nessuno ha mai pensato che lui non si fosse mai lasciato coinvolgere nella questione dell’unità cristiana e della chiesa. Per Lloyd-Jones osservare gli uomini nel tentativo di creare un’unità tra le nazioni senza risolvere il problema del peccato significava costruire una casa sulla sabbia. La stessa cosa valeva tuttavia per le chiese confessanti che si erano allontanate dal Vangelo. Questi aspetti, come ministro del Vangelo, vennero a far parte della sua chiamata divina sottolineando, sia in pubblico sia in privato, che le verità essenziali e vitali erano ormai state abbandonate poiché si lavorava per ottenere una unità visibile della chiesa a discapito del Vangelo.

Ma iI suo interesse nell’unità fu positivo e non solo negativo. Si preoccupò molto di più della vera unità che del rifiuto di ciò che è superficiale e falso. Fu molto critico verso quegli evangelici che credevano che tutto ciò che la Bibbia avesse da insegnare sull’unità era la separazione dall’errore denunciato dall’Evangelo. Li accusò di essere colpevoli del peccato dello scisma basandosi sul fatto che solo coloro che erano veramente “uno” potevano essere colpevoli di disunione. Fece una chiara distinzione tra l’unificazione dei corpi religiosi che il Consiglio Mondiale delle Chiese ricercava e l’unità in Cristo per mezzo dell’opera dello Spirito Santo che solo coloro che sono nati di nuovo possono conoscere.

Questo è il tema del presente volume. Il Dott. Lloyd-Jones chiarì il fatto che l’unità esiste già tra i credenti e non deve essere creata. Essa esiste nel momento in cui si crede nel Vangelo della grazia di Dio nel Signore Gesù Cristo. Tuttavia questa unità deve essere percepita, preservata e promossa e non solo tra i cristiani a livello personale, ma anche tra chiese che credono in una sola ed unica via di salvezza anche se esse non riescono ad trovarsi d’accordo su altre questioni. Il Vangelo è la cosa più importante di tutte! La Chiesa dovrebbe esistere per sostenere e promuovere l’unità. Lloyd-Jones era fermamente convinto che da quell’unità sarebbe scaturita una benedizione del Signore che avrebbe messo in grado la chiesa d’essere una testimonianza migliore nel mondo. Questa fu la sua preghiera alla quale non è stato ancora data risposta.

Hywel R. Jones

Informazioni aggiuntive

Peso 0,075 kg
Pagine

57

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