Indice
INTRODUZIONE
Capitolo 1. Che cos’è lo sviamento e l’esaurimento pastorale? 7
LO SVIAMENTO PASTORALE
Capitolo 2. Non trascurate la preghiera personale 15
Capitolo 3. Non trascurate i vostri comuni doveri cristiani 25
Capitolo 4. Non giustificate la perdita di una buona coscienza 33
Capitolo 5. Non perdete l’edificazione che deriva dalla chiesa 41
L’ESAURIMENTO PASTORALE
Capitolo 6. Non stabilite le vostre priorità basandovi sui bisogni
che percepite negli altri 53
Capitolo 7. Non limitate i vostri studi 69
Capitolo 8. Non nascondete la vostra vera umanità 81
LA PERDITA DI CREDIBILITÀ
Capitolo 9. Non trascurate il corpo (parte prima) 97
Capitolo 10. Non trascurate il corpo (parte seconda) 113
LA REINTEGRAZIONE DEL PASTORE
Capitolo 11. Cinque consigli da ricordare 131
Autore
Pastore, evangelista, consulente spirituale, Albert N. Martin ha insegnato per venti anni Teologia Pastorale presso la Trinity Pastoral Accademy. Nel 2004, dopo 48 anni di matrimonio, ha perso sua moglie Marilyn dopo una lunga lotta contro il cancro. Portati a termine 46 anni di ministero pastorale nella Trinity Baptist Church di Montville, New Jersey, nel giugno del 2008, si è trasferito in Michigan con la sua seconda moglie Dorothy.
Descrizione
Capitolo 1
Che Cos’è lo sviamento e l’esaurimento pastorale?
Vorrei prima di tutto definire i termini del nostro titolo. Che cosa si intende per sviamento pastorale? Si intende un’esperienza costituita da molteplici aspetti. Prima di tutto mi riferisco a quell’indebolimento della vita spirituale, del vigore spirituale, della crescita spirituale, che – spesso in modo impercettibile – può verificarsi in un pastore, pure attivo nell’opera ed apparentemente fedele. Mi riferisco a quel declino che non si manifesta immediatamente nella sua predicazione, ma nell’intimità del suo rapporto personale con Dio. È un declino che può non essere percepito nella sostanza di ciò che predica ed insegna, ma nella misura in cui l’ardore e la passione delle verità che trasmette agli altri non hanno più effetto sul suo cuore. E in quei momenti di intimo ed onesto autoesame, nelle profondità della sua anima, egli soffre, perché è consapevole della propria condizione. Il suo sviamento diventa un fastidio che lo logora interiormente, perché gli ricorda costantemente che il suo rapporto con Dio non è più come una volta.
Questo sviamento si verifica anche quando viene a diminuire in un pastore il desiderio di ubbidire alla volontà di Dio. Gesù disse: “Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Giov 14:21). Quando ardiamo d’amore per il Salvatore, obbedire a tutti i suoi precetti è il nostro desiderio, la nostra delizia, la nostra santa determinazione. Quando invece iniziamo a scegliere i comandamenti ai quali obbedire, smettendo così di rendere al Signore un’obbedienza “totale” (come usavano chiamarla gli scrittori evangelici di un tempo), significa che lo sviamento è iniziato. Quando si è spiritualmente in salute, parliamo come il salmista: “Ritengo giusti tutti i tuoi precetti e odio ogni sentiero di menzogna” (Sal 119:128). Preghiamo con sincerità: “Sia ferma la mia condotta nell’osservanza dei tuoi statuti! Non dovrò vergognarmi quando considererò tutti i tuoi comandamenti” (Sal 119:5-6).
Questo sviamento, inoltre, può manifestarsi attraverso specifiche forme di carnalità: pigrizia, indulgenza, irritabilità e molti altri peccati che, sebbene non proprio scandalosi, riducono di molto l’efficacia dell’opera di un pastore, sia in ambito familiare che ecclesiale. In definitiva, quindi, per “sviamento pastorale” intendo quella condizione in cui un pastore riflette l’opposto di ciò che Paolo ingiunge a Timoteo, quando gli scrive: “Occupati di queste cose e dedicati interamente ad esse perché il tuo progresso sia manifesto a tutti” (I Tim 4:15).
Che cosa dire dell’esaurimento pastorale? Qualcuno penserà: “Ho letto la Bibbia quaranta volte e non ho mai incontrato questa espressione”. Infatti, proprio perché non è, in senso stretto, un’espressione biblica, sarà necessario spiegare il significato che intendiamo darle. Mi riferisco ad un graduale declino di forze mentali, emozionali, psicologiche e fisiche, che può verificarsi nella vita di un pastore, pur attivo ed impegnato. Non mi riferisco a quell’inevitabile declino di forza fisica e mentale che fa parte del normale processo di invecchiamento – quello che l’apostolo Paolo chiama il “disfacimento” del nostro uomo esteriore (II Cor 4:16). Piuttosto, l’esaurimento pastorale interviene quando la nostra attività intellettuale si svigorisce ed impigrisce, non occasionalmente, ma in modo acuto e cronico. Si è afflitti da questa condizione quando studiare in modo serio e concentrato diventa un peso – un peso fastidioso ed opprimente: quando, secondo il nostro programma settimanale, arriva il momento di dedicarci a quel serio lavoro esegetico preliminare, necessario per una sana e responsabile predicazione biblica, invece di accingersi a quell’impegno con solerzia mentale ed entusiasmo spirituale, dobbiamo trascinarci fino alla scrivania – dobbiamo, per così dire, frustare noi stessi per farci sedere alla scrivania, frustare noi stessi per obbligarci a lavorare, per poi – finito il nostro lavoro – essere ulteriormente frustati da una coscienza che ci accusa per la nostra miserevole condizione. Benché abbiamo il privilegio di studiare le profondità della Parola di Dio, e forse anche la benedizione di essere supportati finanziariamente dalla chiesa per le nostre fatiche pastorali, ci sentiamo miseri perché viviamo tutto ciò come un peso estenuante.
Oltre a ciò, per “esaurimento pastorale” intendiamo quella condizione mentale in cui sembrano essere venute meno quella creativa immaginazione necessaria per preparare una predicazione, per organizzare il materiale omiletico, individuare le applicazioni pratiche, scegliere le illustrazioni e le metafore. Quando si tenta di focalizzare sulla massa di materiale esegetico e omiletico che necessita di essere selezionato e ordinato, ci si ritrova incapaci di discernere le varie componenti e organizzarle in un sermone ben strutturato. E allora ci innervosiamo e avviliamo, a volte fino appunto da spazzare via dalla scrivania tutti gli appunti accumulati in giorni di lavoro e dire a noi stessi che ci deve pur essere un modo più facile per guadagnarci il pane quotidiano! Mio caro fratello, io stesso mi sono ritrovato in quella condizione più di una volta.
Quando parlo di “esaurimento pastorale”, quindi, mi riferisco a quella condizione in cui un pastore non riscontra più in sé la capacità di sentire intensamente la grande rilevanza delle straordinarie realtà di cui continuamente predica. Le emozioni che dovrebbero accendersi in modo naturale nel privato della propria stanza, mentre egli prega per il popolo di Dio, o nell’arena pubblica, mentre si adopera per il popolo di Dio, sembrano essersi appiattite.
Ecco cosa intendo per “esaurimento pastorale”. Mi riferisco a quella condizione in cui le energie fisiche e le capacità di ripresa sembrano essersi dileguate, cosicché anche una sola responsabilità in più può metterci in crisi per giorni, oppure rinunciamo ad un’opportunità di servizio pastorale per paura della spossatezza che sopraggiungerebbe.
Ora, se sei un pastore, un predicatore, puoi ritrovarti in questa problematica dello sviamento o dell’esaurimento pastorale?
Permettetemi di aggiungere alcune precisazioni. Con queste definizioni e descrizioni non sto in alcun modo negando che ci possano essere periodi divinamente stabiliti in cui il nostro vigore spirituale, intellettuale, emotivo e fisico varierà come parte del flusso e riflusso della normale esperienza cristiana. Ma pur riconoscendo che a volte Dio può stabilire per noi particolari periodi di deserto spirituale o di disciplina spirituale, nei quali possiamo risentire di una certa debolezza fisico-mentale o insensibilità emotiva (vedi Isa 50:10-11; Sal 56-57, 88), di norma un pastore, quale servo di Dio, non deve portare avanti il proprio ministero in una persistente condizione di sviamento ed esaurimento, così come l’abbiamo descritta. Di norma la vita di un pastore e l’opera di un pastore dovrebbero essere caratterizzate da quella pienezza espressa nel Salmo 92:12-15, dove Dio promette: “Il giusto fiorirà come la palma, crescerà come il cedro del Libano. Quelli che sono piantati nella casa del Signore fioriranno nei cortili del nostro Dio. Porteranno ancora frutto nella vecchiaia; saranno pieni di vigore e verdeggianti, per annunciare che il Signore è giusto; egli è la mia rocca, e non v’è ingiustizia in lui”.
Con l’avanzare degli anni, molti uomini diventano fragili e perdono di sostanza. Piuttosto che diventare un esempio di matura devozione, vigore spirituale ed energia pastorale, diventano come alberi secchi, mezzi morti, pressoché sterili. Con promesse come quella che troviamo nel Salmo 92, perché dovremmo tollerare che nella nostra vita si verifichi un tale sviamento o esaurimento?
Adesso che ho definito e descritto ciò che intendo per sviamento ed esaurimento pastorale, vorrei richiamare la vostra attenzione a otto principi biblici relativi a queste due condizioni. I primi tre riguardano principalmente la problematica dello sviamento; il quarto riguarda entrambe le condizioni; gli ultimi quattro si riferiscono soprattutto all’esaurimento. L’ultimo principio entra anche nella problematica che ho scelto di chiamare “perdita di credibilità”. Definirò questo termine a suo tempo. Benché ci sia una certa sovrapposizione e compenetrazione tra questi principi, ognuno di essi è distinto abbastanza da giustificare una trattazione separata.