Descrizione
Questo libro contiene un breve studio su un tema tanto importante quanto trascurato, vale a dire, quello del libero arbitrio. Considereremo in quale senso la volontà sia libera e quanto rilevante sia quest’argomento per la fede cristiana.
La salvezza, dunque, dipende dalla disponibilità dell’uomo ad essere salvato, a prescindere da una preliminare opera dello Spirito Santo? Vedremo che nessuno è salvato contro la propria volontà; tuttavia, Dio cambia il “volente”, in modo da rendere “disponibile” il peccatore. Vedremo che l’argomento del libero arbitrio occupa un posto veramente centrale nel Cristianesimo ed esercita un profondo effetto sia sul nostro messaggio sia sul nostro metodo di evangelizzazione. Vedremo che “chiunque vuole può venire”. Vedremo che la Bibbia insegna che la salvezza dipende, non dalla buona volontà dell’uomo, ma dalla prontezza di Dio, dalla Sua grazia, dalla Sua potenza – e se Dio non avesse potere sulla volontà umana, il mondo intero andrebbe all’inferno. Vedremo che Dio non esclude nessuno nei suoi inviti; eppure i peccatori si autoescludono.
Da’ un’occhiata a queste parole dell’inno di Philip P. Bliss “Chiunque vuole”:
“Chiunque ode”, grida, grida la voce!
Spargete il beato annuncio in tutto il mondo;
Narrate la gioiosa notizia ovunque vi sia qualcuno:
“Chiunque vuole può venire”.
Chiunque viene non indugi;
Ora la porta è aperta, entrate finché potete;
Gesù è la vera e unica Via vivente:
“Chiunque vuole può venire”.
“Chiunque vuole”: la promessa è sicura;
“Chiunque vuole”, dovrà resistere in eterno;
“Chiunque vuole!”: è una vita che dura per sempre;
“Chiunque vuole può venire”.
“Chiunque vuole, chiunque vuole!”
Proclamatelo nelle valli e sulle alture;
È un Padre d’amore quello che chiama a Sé l’errante:
“Chiunque vuole può venire”.
Se non puoi cantare quest’inno con sincerità, significa che non ti è chiaro l’insegnamento biblico sul libero arbitrio e questo libro potrà esserti d’aiuto. Noterai che l’autore delle parole del canto è stato molto prudente quando ha scritto: “Chiunque vuole può venire”. Non ha detto: “Chiunque vuole è in grado di venire”.
Una delle prime domande da affrontare, ogni volta che si studia seriamente il tema del libero arbitrio, è se la volontà possieda oppure no la forza di ubbidire a Dio e di fare ciò che è spiritualmente buono. Questa domanda è strettamente legata al tema dell’umana condizione spirituale davanti a Dio. Occorre cominciare dal modo in cui l’uomo fu creato e dalla sua condizione di essere umano non rigenerato. È altresì necessario sapere quale capacità possedeva l’essere umano prima della caduta e quale invece perse a causa della caduta. La dottrina del libero arbitrio ci porta a considerare, non tanto la capacità e l’eccellenza dell’uomo, quanto piuttosto la sua debolezza, miseria e incapacità di compiere il bene spirituale
Nessuno è salvato se non vuole esserlo. Nessuno è perdonato, fin tanto che odia il pensiero stesso del perdono. Nessuno si rallegrerà nel Signore, se proclama: “Non ho alcuna intenzione di rallegrarmi nel Signore!”. Non pensare neppure per un momento che gli angeli spingeranno qualcuno a oltrepassare la soglia del cielo! Noi non siamo salvati contro la nostra volontà, né siamo privati della volontà; ma l’azione dello Spirito di Dio è di convertire la volontà umana, così che gli uomini siano ben disposti nel giorno della potenza di Dio (Salmo 110:3), producendo in loro il volere e l’agire, secondo il Suo disegno benevolo (Filippesi 2:13). “Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene, né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Giovanni 3:8). Lo Spirito dà vita all’anima e le rivela la verità divina, rendendola capace di vedere le cose in una luce diversa rispetto a prima. Così, la volontà piega di buon grado il collo un tempo rigido e duro come il ferro, accetta il giogo che prima disprezzava e l’indossa volentieri.
Non si può agire con un essere umano come se fosse una macchina; non è levigato e lucente come un pezzo di marmo, né piallato come un pezzo di legno, ma nella sua mente è all’opera lo Spirito della Vita. L’uomo è reso una nuova creatura in Cristo Gesù, secondo la volontà di Dio, e la sua stessa volontà è provvidenzialmente e dolcemente condotta a cedere. Se sei ben disposto, sta’ pur sicuro che è Dio che ti ha reso così. Se hai una scintilla d’amore per Lui, quella scintilla proviene dal fuoco del Suo amore per te. “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1 Giovanni 4:19). Quando sarà mostrata la corona e si chiederà: “Sulla testa di chi la metteremo?”, ogni figlio di Dio risponderà: “Incorona Lui: Egli ne è degno. Egli ci ha creati per essere diversi”. “Infatti, chi ti distingue dagli altri? E che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché ti vanti come se tu non l’avessi ricevuto?” (1 Corinzi 4:7).
Quello della volontà umana non è nuovo come argomento di discussione all’interno della Chiesa cristiana né fra teologi e filosofi. Per secoli si sono succedute serie contese e controversie in relazione alla libertà della volontà umana. Già nel V sec., Agostino, uno dei nostri “eroi”, polemizzò con Pelagio su questo tema, che fu anche una delle questioni chiave della Riforma.
Martin Lutero diede il via alla Riforma proprio con la negazione del libero arbitrio: un concetto che era, ed è tuttora, di fondamento per la dottrina della giustificazione per la sola fede. Agli esordi della Riforma, Erasmo, un brillante studioso olandese, scrisse una Diatriba, intitolata De libero arbitrio (Il libero arbitrio), con cui difendeva la dottrina cattolico-romana. In risposta all’opera di Erasmo, Lutero compose il De servo arbitrio (Il servo arbitrio). (Ogni ministro di culto o pastore dovrebbe studiare questo classico.)
Quando la maggior parte dei cristiani riflette sulla Riforma, la prima cosa che torna alla mente è la giustificazione per la sola fede – e a ben ragione: la giustificazione per la sola fede è stata la dottrina principale emanata dalla Riforma. Eppure non costituì la questione-chiave a fondamento della Riforma. Uno studio attento dei dati storici rivelerà chiaramente che, al centro del contrasto teologico fra Lutero e la Chiesa Cattolica Romana, vi era la questione della volontà umana.
Per sottolineare l’importanza di quest’argomento, può essere utile citare l’“Introduzione storica e teologica” di J.I. Packer e O.R. Johnston al capolavoro di Lutero. (Packer e Johnston hanno tradotto in inglese il De servo arbitrio dalla versione tedesca e latina.)
Il De servo arbitrio è il più importante scritto teologico prodotto da Lutero. Egli stesso era di questo parere. In una lettera a Capitone del 9 luglio 1537, in riferimento a un’eventuale edizione completa delle sue opere, Lutero affermò che nessuna di esse meritava di essere preservata se non il Catechismo per bambini e il De servo arbitrio; solo queste ultime, nei loro rispettivi settori, erano “giuste”. Anche altri sono stati d’accordo con Lutero nell’attribuire a questo trattato un posto d’onore tra le sue produzioni teologiche. B.B. Warfield, per esempio, appoggiandone la descrizione come di “un capolavoro di dialettica e di confronto”, lo tratteggia come “l’incarnazione dei concetti di riforma di Lutero, la cosa più vicina a un’affermazione sistematica fra tutti quelli da lui prodotti… È… in un certo senso il vero manifesto della Riforma”. E il professor Rupp, con un senso di approvazione, cita il libro come “il migliore e più potente Soli Deo Gloria da intonare nell’intero periodo della Riforma”. Nella fecondità del pensiero, nel vigore del linguaggio, nella profonda portata teologica, nell’intensa forza dell’argomentazione e nell’imponente estensione espositiva, resta insuperata tra le opere di Lutero. È l’esempio più rappresentativo della maturità del suo pensiero e la testimonianza di gran lunga più eccellente del suo valore teologico rispetto ai trattati minori degli anni precedenti, che pure sono maggiormente noti.
Il carattere di quest’opera si staglia decisamente quando la si mette a confronto con il libretto in risposta al quale è stata scritta. La Diatriba di Erasmo è elegante e ben scritta, ma non per questo si tratta di una produzione importante. Come abbiamo considerato, è sufficientemente dimostrato che Erasmo non aveva né un reale desiderio di scriverla, né un particolare interesse per l’argomento. È il suo stesso libretto a lasciarlo intendere. Ostenta, infatti, grande conoscenza, ma scarso discernimento. Dimostra chiaramente ciò che l’Autore non aveva alcun problema ad ammettere: cioè, che Erasmo da Rotterdam, il dotto studioso della Bibbia, non era un teologo. È un libretto conciso e superficiale. Erasmo è deliberatamente vago sull’argomento di discussione. Scrive intorno al “libero arbitrio” – così egli dice – più come commentatore e critico che come contributore. Il suo obiettivo è di affermare che, in un modo o nell’altro, non si tratta di una questione realmente importante; e la sua principale lagnanza nei confronti di Lutero consiste nel fatto che quest’ultimo dimostra uno scarso senso delle proporzioni nel porre così tanta enfasi su un’opinione, di per sé alquanto estrema e improbabile, che riguarda una questione tanto oscura quanto irrilevante. Dal canto suo, il De servo arbitrio rappresenta una delle maggiori elaborazioni del pensiero di Lutero su quello che egli considerava il “centro” stesso del Vangelo. Non era un’opera commerciale, scritta su ordinazione. Lutero accettò di buon grado la possibilità offertagli dalla pubblicazione della Diatriba per esporre una completa trattazione scritta di quegli aspetti del suo insegnamento che, a suo parere, contavano maggiormente, e vi si lanciò a capofitto con entusiasmo. “Tu solo”, dice a Erasmo, “hai attaccato la vera causa, cioè, la questione di fondo. Non mi hai infastidito con problemi secondari come il papato, il purgatorio, le indulgenze ecc. – inezie, più che problemi – rispetto ai quali, fino a oggi, quasi tutti hanno cercato il mio sangue… Tu, soltanto tu hai individuato il perno su cui tutto gira e hai mirato al punto cruciale. Per questo ti ringrazio di cuore; per me, infatti, è maggiormente gratificante trattare quest’argomento”. Il “libero arbitrio” non era una questione puramente accademica, per Lutero. L’intero Vangelo della grazia divina, egli sosteneva, vi era strettamente connesso e restava in piedi o crollava a seconda di come si decideva al riguardo. Nel De servo arbitrio, perciò, Lutero ritiene di combattere per la verità di Dio, unica speranza per il genere umano; e il suo zelo e la sua energia nel perseguire il tema testimoniano della sua forte convinzione che, a essere qui in gioco, erano la fede una volta per sempre trasmessa ai santi e, di conseguenza, la salvezza di anime preziose. “Laddove ho discusso in maniera alquanto vigorosa”, egli scrive, “riconosco il mio errore, se di errore si tratta – anzi, no: mi rallegro grandemente che si testimoni nel mondo del mio atteggiamento per la causa di Dio. Che Dio stesso confermi tale testimonianza nell’ultimo giorno!”. Non è da veri teologi, sostiene Lutero, restare indifferenti, o fingere di esserlo, quando è a repentaglio il Vangelo stesso. Ciò spiega quello che Warfield descrive come lo “stupefacente vigore” del linguaggio di Lutero. Il Vangelo di Dio è in pericolo; le corde della religione di Lutero sono toccate; egli si sente spronato; il vulcano erutta; l’argomento sgorga da lui incandescente. In nessun’altra opera Lutero si è avvicinato così tanto, nello spirito o nella sostanza, al Paolo delle lettere ai Romani e ai Galati, quanto nel De servo arbitrio.
Come mai Erasmo e Lutero si avvicinarono alla discussione sul “libero arbitrio” con tali contrastanti modi di pensare? La risposta non è così lontana. I loro atteggiamenti divergenti derivavano da due diverse concezioni della fede cristiana. Per Erasmo, le questioni dottrinali erano tutte relativamente trascurabili, e quella che la volontà dell’uomo fosse libera oppure no era meno importante di molte altre. Dal canto suo, Lutero riteneva che le dottrine fossero necessarie, anzi essenziali, per la religione cristiana, e quella del servo arbitrio, in particolare, era non solo la “pietra angolare” del Vangelo, ma anche il fondamento stesso della fede.
Questa diatriba fece nuovamente capolino nel XVIII sec., durante il Grande Risveglio. Il tema del libero arbitrio fu anche alla base dell’errore teologico e dei metodi evangelistici non scritturali di Charles Finney. La battaglia è tuttora in corso tra credenti fondamentalisti e credenti riformati in relazione ai loro rispettivi metodi e contenuti evangelistici.
Spero che le pagine seguenti stuzzichino il tuo appetito, spingendoti a leggere e a studiare il capolavoro di Lutero: Il servo arbitrio. Ma ritengo ancor più importante raggiungere il traguardo di riuscire a evidenziare in maniera chiara l’importanza vitale del nostro tema e dei suoi agganci alla fede cristiana e ad altre importanti dottrine, come la depravazione totale, l’elezione e la chiamata efficace. Mi auguro che queste trattazioni abbiano un profondo effetto sui tuoi metodi evangelistici.
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