Introduzione
Nel 1662, alla giovane età di 39 anni, moriva Blaise Pascal, uno dei più grandi geni scientifici che siano mai esistiti. Nato a Clermont-Ferrand, in Francia, nel 1623, Pascal rivelò presto attitudini matematiche fuori dal comune, tanto che all’età di dodici anni venne ammesso alle riunioni scientifiche di un circolo di eruditi parigini che corrispondeva con i più grandi ricercatori del tempo: Galilei, Cartesio, Desargues, Torricelli, ecc. I frutti di queste particolari circostanze non tardarono a venire. A sedici anni Pascal componeva un ragguardevole Trattato sulle coniche; a diciannove progettava e realizzava la prima macchina calcolatrice della storia, capace di addizionare e sottrarre numeri fino a dodici cifre, operando automaticamente i riporti; dopodiché proseguiva la sua carriera scientifica dando importanti contributi allo studio dei fluidi, chiarendo concetti relativi alla pressione e al vuoto, scrivendo testi importanti sul metodo scientifico, e soprattutto sulla teoria delle probabilità che così tanta influenza avrebbe avuto sulle moderne teorie scientifiche e sulle scienze naturali. Sua fu anche l’invenzione del primo sistema di trasporti pubblici di Parigi, con carrozze che viaggiavano su percorsi fissi in orari prestabiliti.
Dietro questo genio matematico e celebrato inventore, però, si nascondeva un animo profondamente inquieto.
Nonostante tutto il suo sapere scientifico, infatti, Pascal non ignorava i limiti intrinseci della conoscenza umana. Anzi, con il passare degli anni divenne sempre più conscio dell’assoluta precarietà di un’umanità che vive ignorando le questioni più fondamentali dell’esistenza: Chi siamo? Da dove veniamo? Perché esistiamo? Sentendosi egli stesso perso, “abbandonato e come sperduto in quest’angolo dell’universo”, iniziò a cercare per capire se Dio “abbia lasciato qualche segno di sé”. La sua ricerca non fu indolore. Al contrario, fu travagliata, anche perché rivelò a Pascal aspetti della sua persona che prima non aveva visto: “Vedo il mio abisso di superbia, di curiosità, di concupiscenza. Non c’è alcun rapporto tra me e Dio”. Alla fine, però, il baratro fu superato: non perché Pascal riuscì ad attraversarlo, ma perché scoprì che Dio lo aveva già attraversato, venendo Lui stesso a noi nella persona di Gesù. Fu la scoperta che trasformò la sua vita e gli permise di lasciare ai posteri la seguente testimonianza: Ogni giorno della mia vita benedico il mio Redentore… tendo le braccia al mio Liberatore che, essendo stato predetto per quattromila anni, è venuto a soffrire ed a morire per me sulla terra, nel tempo e in tutte le circostanze predette; e con la sua grazia aspetto la morte in pace, nella speranza di essergli eternamente unito, e intanto vivo con gioia, sia nei beni che gli piace donarmi, sia nei mali che mi invia per il mio bene, e che mi ha insegnato a sopportare con il suo esempio.
Negli ultimi cinque anni della sua breve vita, Pascal perseguì un progetto: raccogliere in un libro le riflessioni che aveva fatto nel corso della sua ricerca esistenziale, soprattutto per spiegare all’uomo della nascente età moderna – al contempo così “grande” e così “misero” – come e perché le sue esigenze più profonde possono trovare risposta unicamente nel Dio rivelatosi in Cristo. L’improvvisa morte per malattia gli impedì di portare a compimento questo suo desiderio, ma sua sorella, raccolti i foglietti nei quali egli aveva scritto le sue riflessioni, li fece pubblicare. Vennero così alla luce i Pensieri di Pascal.
In questo nostro libricino “Trovare Dio” abbiamo pensato di raccoglierne alcuni, tratti anche da altri scritti che Pascal ha lasciato, disponendoli in una sequenza atta a facilitare la comprensione del messaggio evangelico. Il nostro auspicio è che ogni lettore possa essere così portato a cercare e trovare Colui che disse: “Mi cercherete e mi troverete, quando mi cercherete con tutto il vostro cuore” (Ger 29:13).