Introduzione
Capitolo 1
Matrimonio significa conflitto
L’orologio segnava le 19:30 quando Fabio girò con cautela la chiave nella serratura di casa e si fece scivolare all’interno. Fermatosi sull’ingresso, rimase in attesa di qualche segnale di vita: sua moglie, Giulia, che sedeva nella stanza di fronte a leggere o guardare la TV; i suoi figli, Riccardo e Alessandra, che facevano i compiti al tavolo del salotto. Non vedendo nessuno, imboccò velocemente la via del corridoio per sgattaiolare in camera da letto. Ma prima che potesse completare il percorso, Giulia emerse dalla cucina, le mani sui fianchi, ferma di fronte a lui proprio nel punto migliore per bloccargli la via di fuga.
“Alla fine è tornato!” esclamò.
Fabio grugnì, cercando di proseguire in obliquo e scivolare oltre
la moglie.
“Avevi detto le 18”. Giulia avanzò di un passo per bloccarlo.
“Ho avuto da fare”.
“È la terza volta questa settimana che hai ‘avuto da fare’ ”. Con sarcasmo pronunciò le ultime parole disegnando nell’aria delle virgolette.
“I Federici hanno chiamato alle 17:30. Sono i nostri migliori clienti. Pretendevi che me ne andassi via?”.
Giulia sbuffò. “Dovrai cenare da solo”.
“Ho preso qualcosa al volo mentre tornavo” rispose Fabio. Abbassò le spalle e la superò di traverso avanzando in direzione della camera; mentre si allentava la cravatta sperò dentro di sé di non essere seguito. Se le cose andavano come sperava – vale a dire se Giulia non avesse insistito a fargli la minuziosa telecronaca della giornata sua e dei bambini – si sarebbe velocemente cambiato per infilarsi nel suo studio ad occuparsi di qualche scartoffia. Oppure sarebbe sceso in cantina, dove, seppure non ci fosse stato nulla da fare, avrebbe comunque trovato qualcosa. Era riuscito a risistemare l’armadio degli attrezzi sei volte soltanto nell’ultimo mese.
Quando uscì dalla cabina armadio, si stava infilando una maglietta nei jeans. Giulia era seduta in poltrona, di fronte a lui.
“Indovina che cosa ha fatto tuo figlio oggi?”.
Fabio le guardò le braccia, incrociate a mo’ di barricata sul petto, e scosse la testa.
“È tornato a casa con un 5 sulla verifica di matematica di fine quadrimestre che ha fatto ieri”.
Le sopracciglia di Fabio si alzarono. “Riccardo aveva la verifica di matematica ieri?”.
“Gran bel padre sei! Non ha parlato d’altro negli ultimi tre giorni”.
“Beh, non me ne sono reso conto” disse Fabio. Abbottonò i jeans e si mise seduto al bordo del letto – una posizione che dimostrava interesse, ma che gli forniva anche una facile via di scampo se la conversazione si fosse arenata. “Dov’è Riccardo adesso?”.
“In camera sua. E farebbe bene a mettersi a studiare matematica!”.
“Non ha provato a passare la verifica ieri?”.
“Certamente. Nostro figlio non è uno studente da cinque”.
“Forse non ha capito le domande”.
“Impossibile. Le avevamo riviste insieme per due ore la sera prima”.
“Bene, allora avrà avuto una giornata storta. Anche i bambini hanno le loro giornate nere. Non lo puoi punire per questo”.
Giulia sbuffò. “Fabio, perché riesci sempre a metterti dalla loro parte in queste situazioni? Come fai tu, che non sapevi neanche che Riccardo avesse una verifica, a passare immediatamente dalla sua parte?”.
Nell’interesse della pace familiare, Fabio scelse di non rispondere alla domanda. “E Alessandra” chiese “è anche lei in camera sua?”.
“Il giovedì sera ha ginnastica,” rispose Giulia seccamente, “lo sai”.
“Sì, giusto. Giovedì sera ginnastica. A volte mi confondo”.
“Stamattina quando l’ho portata a scuola era di pessimo umore.
Era ancora ‘elettrica’ quando l’ho ripresa per accompagnarla in piscina. A pranzo, lei e Riccardo hanno bisticciato; e non mi ha nemmeno salutata quando la signora Ricci è passata a prenderla per portarla a ginnastica”.
Fabio le rispose alzando le spalle, della serie “che-ci-vuoi-fare”.
“Sono preoccupata” disse Giulia. “È così scontrosa ultimamente”.
“Magari è troppo stanca. L’hai coinvolta in un sacco di attività”.
Gli occhi di Giulia si fecero saette. “Bene! E adesso sarebbe pure colpa mia? Io sto solo cercando di farle sviluppare le capacità che Dio le ha dato in tutte le attività possibili. Ho sempre pensato che fosse una cosa buona”.
“Tutto quello che sto dicendo è che mi pare che abbia ogni sera qualcosa da fare”.
Giulia si alzò. “E tutto quello che sto dicendo è che mi sarebbe davvero d’aiuto se potessi contare sul tuo supporto con i ragazzi. O se, almeno, ti facessi vedere ogni tanto per discutere dei ragazzi e del modo migliore di crescerli”.
“Lo sai che sono molto occupato al lavoro in questi giorni, Giulia”.
“Non riesco a ricordarti non occupato”.
“È da pazzi in questo periodo in ufficio”.
“Dimmi una cosa, Fabio. Ti prego dimmi quando non sarà da pazzi in ufficio. La prossima settimana? La settimana dopo? Quando?”.
Fabio non aveva una risposta.
“È sempre da pazzi in ufficio, Fabio, a tal punto che non hai un attimo per la tua famiglia. Torni alle sette e mezzo di sera, se siamo fortunati. E quando sei a casa è esattamente come se non ci fossi.
Se non sei con la testa dietro a qualche progetto di lavoro, scappi nello studio a sbrigare qualcos’altro oppure ti infili in cantina a fare chi-sa-cosa. Ti devo inseguire in camera per riuscire a parlarti”.
Fabio fece una pausa …………………………………….